Chiara Melandri Stampa E-mail

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Sine radice
diario 1997-2004

Chiara Melandri
nata a Faenza (Ravenna) nel 1980
morta nel 2013

Se c’è una sola ragione per cui ancora sono viva è l’infinitesimale possibilità di poter un giorno raccontarvi questa storia. Il mio vecchio sogno tolto e rimesso in un cassetto, impolverato e rispolverato, sofferto e lontano, ma mai morto del tutto. Non mi importa cosa farò della mia vita ma ve la voglio raccontare. Dopo dieci anni che riempio pagine, modifico stili, che accumulo fogli su fogli di parole, che lascio il mio cuore sfogarsi impastando carta inchiostro e lacrime. Ancora insisto e non mollerò perché finché vedrò una biro piena e un foglio vuoto, vedrò anche la speranza. Chiara ha da poco compiuto 18 anni ma traccia un bilancio già definitivo. Resta solo la scrittura con cui graffiare, scavare e sperare. Sine radice, senza radici. È il titolo che sceglie per il suo diario. Per sé. Forse qualcosa si è rotto negli anni dell’adolescenza. Forse nella storia della famiglia. Forse con la malattia del padre. Ebbe un tumore un anno che se n’è andato con una valigia in mano... mentre facevo i lavori del saturday pome in my bedroom. Mi ha scacato così. Uno che mi ha insegnato a scalare le Dolomiti, la mia cima. Così mi ha lasciato quel giorno, con uno straccio di polvere in mano e un miliardo di lacrime inconsapevoli. Fui la sola a presentarmi all’ospedale di Bologna, di nascosto perché mia madre non voleva. Quello lì, steso, senza capelli, gonfio come se avesse due mele per guancia non è il mio papy. Invece è il mio papy, e sta morendo. Cazzo cazzo cazzo, no. Stavo da cani, era finito tutto per me, ma io non lo facevo vedere. In questo stato da coma sono vissuta per anni. Forse fu quello l’inizio di una storia crudele. Forse. Si aprono le porte degli ospedali psichiatrici, delle comunità, delle case famiglia. Alcool, droghe, psicofarmaci. Disturbi alimentari. Disturbi della personalità. Non so dove sono. Cosa cazzo è tutto sto bianco. Non riesco a muovermi. Ho qualcosa al braccio, un prurito. Urlo, c’è altra gente qui, non sono morta, non sono morta, non sono morta, perché... transcomax. Qualcosa suona stridente e dopo qualche secondo si accende la luce. Comincio a tremare. 2 letti perpendicolari al mio e una ragazza con la pelle bianca con due mani così fini e con i capelli d’oro. Bellissimo, è un angelo? Dice "Ora viene l’infermiere". Si apre la porta entra un tipo bianco, e fa "Cosa fai lì in terra? Non ti basta esser stata in coma50ore?!". Madovecazzo, eh, chi, quando, eh, cosa, cazzo, 30000000 di cose girano, io non parlo. Sigaretta. Io vado a fumare una sigaretta. Mi alzo. Cado per terra! Ride l’Angelo, mi aiuta e mi accompagna. Mi fumo dieci paglie di fila prima di capire come mi chiamo. È passata una settimana prima che mi raccontassero e mi convincessi di quello che era successo. Quella dannata schifosa bottiglia mi ha fatto collassare. Coma etilico. E non sono morta. Senza capire, comprendere il perché un giorno mi svegliai in una Residenza Psichiatrica, che è un modo carino per dire manicomio. Chiara continua a studiare, tra un ricovero e l’altro si procura qualche lavoretto. Ma quello che conta lo sente sfuggire. L’affetto della madre, del padre, delle sorelle, degli amici di un tempo. Dell’umanità che la circonda. Tanti e forse più sono convinti che io sia pazza. Perché dimmi, se anche mi ci sento diversa, non è forse fra tutti gli altri che percorro il mio cammino? Nessuno mai pensa che potrei sentirmi sconcertata di fronte a un mondo che sceglie la sua cieca ignoranza solo perché è più comodo? No. E allora ok sono pazza. Per affrontare le mie realtà devo prendere le misure, devo guardare dentro gli occhi della gente... capire se... Altrimenti spiegatemelo voi. Io sono in un manicomio. Chiara muore nel 2013. Senza spiegazioni.

 

Il programma della 34^ edizione:  

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