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La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

Noi sloveni del territorio etnicamente pulito eravamo privi di qualsiasi diritto e perseguitati in tutti i modi possibili.
Per il regime fascista il più grande ostacolo alla denazionalizzazione era costituito dagli intellettuali. Questi dovevano
essere allontanati mandandoli in carcere, al confine, o rendendo loro la vita così difficile da costringerli ad emigrare.
Alcuni intellettuali sloveni "sopravvissuti" invitavano noi studenti a casa loro a prendere the, limonata, frutta candita
e dolci una volta alla settimana. Cercavano di insegnarci la lingua, la cultura e la
storia degli sloveni, ci raccontavano dei costumi e del modo di vivere dei nostri antenati, ci presentavano scrittori e poeti sloveni, ci prestavano dei libri in lingua slovena. In breve: cercavano di salvarci dalla italianizzazione e preservare la nostra identità. Tali riunioni erano segrete e, per quel tempo, pericolose. Io invitavo i giovani del mio paese e dei paesi vicini a riunioni sempre con finalità di conservare e coltivare la lingua slovena. Ci si riuniva nelle case, nel bosco, sulla riva dell'Isonzo. Le riunioni erano illegali perché qualsiasi assembramento o manifestazione era severamente proibito. Erano permesse solo le processioni religiose e le adunate fasciste. Nonostante tutto il controllo poliziesco e lo spionaggio siamo sempre riusciti a non farci sorprendere.
Nessuno ha mai tradito.

Vladimiro Pahor,
figlio di contadini goriziani, arrestato dai fascisti e incarcerato a Roma.
Autobiografia, 1923-2002

 

 Vladimiro Pahor con Bettina Piccinelli

Il programma della 33^ edizione:  

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