10 giugno 1940: l'entrata in guerra dell'Italia Stampa

Il 10 giugno 1940 segnò per sempre il destino dell'Italia e decretò l'entrata del nostro Paese nel secondo conflitto mondiale a seguito di una serie di atti formali e diplomatici che ebbero il loro apice nel discorso di Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia. Quello che è accaduto dopo è Storia.

Quello che abbiamo voluto raccontarvi noi è stato come sempre il punto di vista di chi quei drammatici fatti e quegli eventi li ha visstuti in prima persona, condividendo con voi una selezione di quindici brani, quindici storie, quindici vite che ci riportano indietro di 80 anni per farci rivivere da un punto di vista assolutamente inedito uno dei momenti più drammatici del nostro Paese.

il diario di Ferrari - foto di Luigi Burroni

Qui di seguito trovate i brani dei diari (molti dei quali inediti) sull'entrata in guerra dell'Italia, usciti nella pagina facebook dell'Archivio dei diari nel mese di giugno 2020:


Paolino Ferrari
10 giugno 1940
È la guerra, la santa guerra attesa da decenni e auspicata dai migliori italiani per l'affrancamento della Patria dall'egemonia dei franco-inglesi nelle acque del Mediterraneo e per il compimento definitivo dell'unità nazionale. Oggi il Duce ha parlato dal balcone di Palazzo Venezia per annunciare l'evento agli italiani ed al mondo. Dio assista il Duce nella sua più grande e generosa impresa che lo consegnerà al ricordo dei secoli avvenire.
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Sylvana Baragiola
Lugano
S’era alla primavera del 1940.
10 giugno: quel giorno me ne stavo scendendo dalla scalinata di San Lorenzo, le finestre delle case erano tutte spalancate perché faceva caldo, dalle finestre usciva ben distinta la voce della Radio e pensavo, con una certa compiacenza, che probabilmente, durante la bella stagione, la mia voce si sarebbe sentita così, per tutta la contrada, e ne ebbi piacere.
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Aldo Bigalli
Lunedì 10 giugno 1940
Mattina. Grande orgasmo: alle 18 parla il Duce e si teme che annunci che l'Italia entri in guerra.
Pomeriggio. Alle 18 il Duce ha annunziato che l'Italia a fianco della Germania è entrata in guerra e che “l'Italia proletaria fascista è di nuovo in piedi”. Domani riporterò qualche brano del discorso del Duce.
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Magda Ceccarelli De Grada
1940
12-13 Giugno. L’urlo sinistro delle sirene d’allarme. Le prime volte fa una certa impressione nel buio della notte, ma poi la promiscuità e la insicurezza dei rifugi consiglia di rimanere in letto o quanto meno in casa. Mia figlia si attacca a me come una bambina e questo senso di dar protezione a lei che non la chiede mai è una novità piacevole a cui sono sensibilissima.
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Alberto Cotti
Quando il Duce quel pomeriggio del 10 giugno dal balcone di Palazzo Venezia dichiarò la guerra, fin dal mattino in tutte le officine di Roma e della periferia vi fu la mobilitazione delle maestranze ed alle ore 14, tutti inquadrati, si dovette andare a Piazza Venezia. Già "i grossi papaveri" sussurravano che presto l'Italia avrebbe preso parte al conflitto, il regime aveva convinto molti che sarebbe stata una cosa breve e sicura, poiché l'Italia era una grossa potenza a cui nessuno poteva far fronte; avevamo quei fatidici dieci milioni di baionette in quella occasione come al solito.
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Pietro David
10 giugno 1940: quel mattino nessuno di noi era nemmeno entrato in scuola. Professori e studenti erano rimasti in strada, dove alcuni incaricati in divisa fascista si davano da fare per far muovere un corteo con tutti i giovani ben incolonnati. In breve eravamo giunti in piazza Walther, dove altri gruppi di studenti, degli altri istituti, si stavano schierando secondo un certo schema. Ai lati vi erano già allineate varie squadre di militari, e più indietro si stava addensando una moltitudine di civili. 
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Italo Cipolat
Era l’anno 1940, il mese non ha importanza.
Con mio fratello gemello Ettore ero detenuto in un campo d’internamento, situato nelle vicinanze di Lubumbashi, ribattezzata Elisabethville dai colonizzatori belgi. Gli internati, tutti italiani, erano circa cinquecento tutti sistemati in un grande capannone, aperto in alto e sovrastato da un secondo tetto, che doveva servire per l’aerazione ma che in realtà lasciava passare violenti spifferi d’aria gelata. Eravamo nella stagione secca e il termometro scendeva sotto zero: avevamo tutti molto freddo.
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Ivano Cipriani
Già pensavamo alle vacanze alla Cugna quando il 10 di giugno scoppiò anche per noi la seconda guerra mondiale. Lo annunciò il Duce dal balcone di Palazzo Venezia al popolo romano e, grazie alla radio inventata da Marconi, a tutte le piazze d’Italia, dalle grandi città ai piccoli paesi. Quel giorno il Duce aveva indossato la divisa nera di orbace delle grandi occasioni e si era messo in testa un berretto con visiera e una grande aquila che se ne stava lassù immobile e minacciosa, tutta d’oro come si conviene ad un uccello imperiale.
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Omero Gennaioli
Era una giornata calda del mese: di Giugna e precisamente il giorno dieci del 1940, c’era tanta gente in paese, perché la tradizionale fiera del nove cadeva di domenica, perciò venne spostata al lunedì. Verso le quattro del pomeriggio nella terrazza del circolo che era sopra al Caffè della Elettra, oggi Bar dello Sport e Piazza della Repubblica due o tre zazzicavano per mettere una o più cassette di legno, detti altoparlanti, perché il Duce doveva parlare per radio alla Nazione (l’Itaglia).
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Ester Marozzi
10 giugno 1940. Oggi alle 18 il Duce in un discorso dal balcone di Palazzo Venezia ha annunciato al popolo che la guerra alla Francia e all’Inghilterra è dichiarata da domani giorno 11 giugno.
La “Sera” reca i titoloni:
I – Ora storica nel cielo della Patria.
II – Il Duce annuncia la guerra dichiarata alla Gran Bretagna e alla Francia.
Nessuno sente questa guerra, nessuno la vuole, ma Mussolini ha ordinato che si faccia.
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Teresa Pacetti
La nuova maestra era una signora grassottella sui quarantanni, veniva da Roma, era buona e comprensiva usava poco la bacchetta e quando l’usava ci picchiava piano, per castigare preferiva mandarci dietro la lavagna. Anche nell’insegnamento era molto brava cercava in tutti i modi di facilitarci le materie di studio affinché imparassimo meglio.
Organizzava delle vere e proprie gare fra noi, per farci studiare di più.
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Giorgio Santerelli
11 giugno 1940
Ieri pomeriggio il babbo era a casa perché questa settimana è di turno di notte e si era come al solito a lavorare alle macchine da scrivere con la radio accesa per ascoltare un po’ di musica. Da quando abbiamo comprato la radio si fa sempre così. La mamma era in cucina a preparare la cena perché quando il babbo è di notte si mangia presto.
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Margherita Ianelli
10.6.1940 – L’Italia entra in guerra
Con Mario accanto passavano i mesi, si parlava di guerra, ma il 10-6-1940 l’Italia entrò in guerra al fianco della Germania, due nazioni che dovevano sconfiggere il mondo intero. Allora sì che non si parlava di altro. Ormai tutti gli uomini validi erano in guerra. I miei fratelli erano via da tre mesi, avevano scritto diverse volte, mi chiedevano anche come avevo risolto il problema della miseria. Dicevano che fossero ritornati, sarebbero stati diversi, che avrebbero lavorato perché in guerra si stava peggio che a casa a patir la fame.
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Giuseppina Porri
In quei giorni intanto era arrivata la circolare che comunicava la sospensione degli esami di Stato, a causa della situazione internazionale di estrema gravità: l’anno scolastico sarebbe terminato il 31 di maggio e gli scrutini finali avrebbero avuto valore sostitutivo dell’esame di abilitazione. Era una notizia importante ma niente mi faceva effetto, io pensavo soltanto al mio babbo che non c’era più, che non l’avrei più rivisto e che non gli avevo mai detto quanto gli volessi bene, tutto il resto mi lasciava indifferente, anche la fine della scuola. 
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Carla Terribili
5 giugno 1940
Oggi compio diciotto anni. è bello avere diciotto anni ma, … Ebbene sì. Speravo che questa età - l’età d’oro della vita – fosse per me più felice. E invece questi diciotto anni sono passati quasi sfuggendomi tra le dita, mentre cercavo di trattenerli. Sono passati come in un soffio d’aria attraverso una finestra aperta.
Io voglio amare. Voglio essere amata. Voglio provare questa divina follia. In questi giorni di vista spensierata ho sentito forte e prepotente questo bisogno d’amore, che somiglia a una sete, a una fame.
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il diario di Aldo Bigalli - foto Luigi Burroni